Non siamo certo ai livelli della laguna di Venezia ma stanno aumentando anche lungo le nostre coste gli avvistamenti e le segnalazioni del famigerato granchio reale blu, il grosso crostaceo originario delle coste atlantiche americane la cui proliferazione nel mar Adriatico sta mettendo a dura prova le attività di pesca e di allevamento e rischia di rappresentare una grave minaccia anche per la biodiversità del nostro mare.
Negli ultimi giorni ci è giunta la segnalazione da Andrea Gercic di due esemplari di 𝑪𝒂𝒍𝒍𝒊𝒏𝒆𝒄𝒕𝒆𝒔 𝒔𝒂𝒑𝒊𝒅𝒖𝒔 osservati a Barcola nei pressi del Cedas. Pochi giorni prima un individuo è stato immortalato da Giovanni Bruno del Nord-Est Tek dive durante un’immersione ricreativa nella zona di Punta Grossa a Muggia.
Proprio a Muggia, d’altronde, i nostri ricercatori avevano avvistato l’estate scorsa il primo esemplare di granchio blu mai segnalato nella zona di Trieste, mentre dava sfoggio delle sue abilità natatorie.
La prima segnalazione documentata in Italia è in realtà del 1949 ed è avvenuta proprio nella nostra regione, a Grado. Ed è di nuovo qui che si è rifatto vivo dopo moltissimi anni: nel 2015 un esemplare venne catturato vivo e consegnato da alcuni pescatori di Grado a Saul Ciriaco del nostro staff, per poi prendere la volta del Museo di Storia Naturale di Trieste.
Oggi ormai, da Grado a Lignano, la sua presenza è documentata non solo da pescatori e subacquei ma dai resti degli esemplari morti che i nostri ricercatori, da due anni impegnati nella ricerca di tracce di nidificazione di tartaruga, stanno rinvenendo sulle spiagge delle isole litoranee, a riprova che in circolo c’è già un numero elevato di individui.
Specie aliena altamente invasiva, il granchio blu può contare su diversi “vantaggi evolutivi” che lo mettono in forte competizione con le specie locali: è un vorace predatore onnivoro (si ciba di pesci, crostacei e molluschi); è in grado di compiere lunghi spostamenti (da cui il nomignolo di “granchio nuotatore”); sopporta molto bene grandi e rapide variazioni di salinità e temperatura, motivo per cui si adatta perfettamente anche agli ambienti lagunari, dove la sua diffusione sta provocando i danni peggiori. Come se non bastasse si riproduce a tassi altissimi: una femmina di Callinectes è in grado di deporre fino a 2milioni di uova.
A facilitare la diffusione di Callinectes sapidus, infine, c’è il cambiamento climatico: l’aumento della temperatura media invernale gli sta infatti rendendo più facile acclimatarsi al nostro mare e moltiplicarsi nella quasi totale assenza di predatori. Se si esclude l’uomo, a cui ora è affidato il compito di contenerne la diffusione dopo averne provocato l’arrivo.
Fotografie di:
In alto: Fabio Iacono, Marina Julia (Monfalcone), settembre 2022
Qui sotto: Edoardo Batistini, Isola di Sant’Andrea (Grado), agosto 2023