Tartaruga marina: rinTRACCIAmola sulle coste del FVG!

Tartaruga marina: rinTRACCIAmola sulle coste del FVG!

Credits: Foto Roger Leguen/WWF

Al via una campagna per l’individuazione di possibili siti di nidificazione di tartarughe marine in FVG.

Dopo le coste venete, presto anche quelle del Friuli Venezia Giulia potrebbero diventare siti di nidificazione della tartaruga marina Caretta caretta, che già frequenta assiduamente le nostre acque per alimentarsi. I cambiamenti climatici in atto e l’innalzarsi della temperatura del mare stanno infatti già da alcuni anni ampliando l’areale di nidificazione della Caretta, tanto che nel 2021 alcuni esemplari sono arrivati a deporre le uova su uno scanno del delta del Po e su una spiaggia affollata di Jesolo. A poche decine di chilometri da Lignano.

Per questo motivo l’Area Marina Protetta di Miramare, che da quasi 30 anni monitora la presenza delle tartarughe nelle acque del Golfo di Trieste e per diversi anni ha svolto la funzione di centro di recupero di questi rettili marini a grave rischio di estinzione in tutto il Mediterraneo, ha deciso di avviare – grazie ad un contributo del Gruppo Generali – una campagna di monitoraggio delle coste sabbiose della regione e di informazione e citizen science per la sensibilizzazione delle comunità locali e dei turisti che frequentano i nostri litorali, finalizzata all’individuazione precoce dei possibili nidi di tartaruga marina.

 

Dopo una ricognizione dei siti costieri che sembrano più idonei per questi eventi straordinari – supportata dai biologi marini dell’associazione TAO – Turtles of the Adriatic Organization, l’unica nel nord Adriatico ad essere autorizzata dall’ISPRA per la manipolazione dei nidi di tartaruga -, ad agosto lo staff WWF sarà impegnato nelle attività di monitoraggio: le consuete uscite al largo a bordo delle imbarcazioni dell’AMP per monitorare la presenza di individui adulti si alterneranno ad una serie di uscite periodiche di primo mattino lungo il litorale costiero tra Sistiana e Lignano, in particolare presso i lidi della baia di Panzano, il cordone litoraneo della laguna di Grado e Marano e la foce del Tagliamento.

Si tratta di aree costiere potenzialmente idonee alla riproduzione della specie, sebbene l’intensa frequentazione antropica costituisca un rischio per la buona riuscita della deposizione e della schiusa. L’avvistamento tempestivo consentirebbe perciò di identificare eventuali nidi e mettere in sicurezza l’area circostante, preservandoli dalle minacce che potrebbero precluderne la schiusa: predazione da parte di fauna selvatica o randagia, distruzione dovuta ad eventi meteo-marini estremi e danneggiamento involontario.

 

 

 

 

Credits: foto TAO – Turtles of the Adriatic Organization

Ecco perché, accanto ai monitoraggi svolti dai ricercatori dell’AMP (che si avvarranno in via sperimentale anche dell’uso di droni), verrà avviata una campagna di informazione e citizen science per i residenti e i turisti delle principali spiagge frequentate dalla nostra regione, ai quali verrà richiesta la collaborazione nell’individuare eventuali esemplari – in spiaggia o al mare – e soprattutto i segni delle possibili nidificazioni: le caratteristiche tracce di emersione lasciate sull’arenile da mamma tartaruga che esce dall’acqua e che si appresta a deporre le uova, simili a quelle lasciate da un piccolo cingolato, insieme alla traccia lasciata dalla camera delle uova.

Rispondendo all’appello “Le hai viste?”, residenti e turisti saranno invitati, qualora rinvenissero queste tracce, a contattarci tempestivamente, possibilmente inviandoci foto e localizzazione del sito, chiamandoci al 351 17301405 o inviandoci una mail a info@ampmiramare.it oppure scaricando l’AvvistAPP sviluppata da OGS (www.avvistapp.it) e inserendo i dati dell’avvistamento, che saranno poi condivisi con i nostri ricercatori.

 

Venerdì 29 luglio alle 18.30, le azioni della campagna saranno presentate in un incontro pubblico presso la Biblioteca civica “Falco Marin” di Grado, dove è esposta da alcune settimane anche la mostra “Il mare si fa in 7” realizzata dall’AMP insieme all’OGS per la seconda edizione del Festival MareDireFare. Durante l’incontro sarà proposto anche un focus sulla presenza delle tartarughe nel Golfo di Trieste e delle minacce che gravano – a livello locale e globale – sulla loro conservazione.

 

Nell’occasione Saul Ciriaco dell’AMP Miramare, Emiliano Gordini di OGS e Simona Iannucci, dottoranda dell’Università di Trieste, presenteranno anche i principali risultati del Progetto Interreg Italia-Slovenia TRETAMARA. Il progetto promuove azioni di tutela delle risorse naturali, rafforzando la gestione integrata degli ecosistemi per uno sviluppo sostenibile del territorio e mira a delineare linee guida condivise a livello transnazionale, per un piano di gestione integrata degli habitat marini ad elevato valore ecologico.

 

 

Credits: Foto Willyam Bradberry/WWF

Scheda Caretta caretta

Caretta caretta è la specie più diffusa tra le tartarughe marine presenti in Mediterraneo. Può raggiungere 110 centimetri di lunghezza di carapace e un peso di 180 chilogrammi. Si tratta di una specie considerata endangered (in pericolo) a livello regionale e globale, ed è perciò protetta da normative internazionali e, in particolare, da numerose convenzioni tra le quali la Convenzione di Barcellona e relativo protocollo aggiuntivo che prevede misure di protezione e di conservazione per la specie vietandone l’uccisione, il commercio e il disturbo durante i periodi di riproduzione, migrazione, svernamento e altri periodi in cui gli animali sono sottoposti a stress fisiologici.
La dieta comprende sia organismi bentonici che animali planctonici come alcune meduse e altri gelatinosi. Si ciba inoltre di pesci come i cavallucci marini e pesci ago che frequentano le praterie di Posidonia.

Le tartarughe marine sono presenti in tutto il Mediterraneo, ma con particolare frequenza in alcune zone neritiche, utilizzate come aree di sosta e di alimentazione, come l’Alto Adriatico, il Mar Ionio, le coste tunisine e libiche e la costa spagnola.
I siti riproduttivi più importanti si rinvengono in Grecia, Turchia, Cipro e Libia, paesi che concentrano da soli il 97% dei circa 7200 nidi annualmente deposti in Mediterraneo (per circa 3.000 le femmine nidificanti). Caretta caretta è l’unica specie di tartaruga marina nidificante lungo le coste italiane. La Penisola si colloca marginalmente ai limiti occidentali dell’areale riproduttivo mediterraneo della specie, ma i suoi mari costituiscono aree strategiche di sosta e migrazione.
In passato, la nidificazione di Caretta era, con ogni probabilità, un fenomeno regolare e relativamente diffuso lungo le coste del Meridione d’Italia, ma i dati al riguardo sono piuttosto sporadici e imprecisi.
La nidificazione in Italia era oramai ritenuta, a livello nazionale, come sporadica o occasionale, eccezion fatta per le Isole Pelagie (Linosa e Lampedusa), isole sulle quali la nidificazione della specie risultava accertata, se pur non tutti gli anni, sin dal 1975, ma sempre in numero esiguo di casi (2-3 nidificazioni/anno, nel ventennio 1980-1999).

In Mediterraneo, il periodo della deposizione si colloca tra fine maggio e agosto e ogni femmina depone, ogni 2-3 anni, da 3 a 4 nidi a stagione. La deposizione avviene di regola in ore notturne. Ogni nido contiene in media un centinaio di uova, deposte in una buca scavata nella sabbia e lì lasciate dalla femmina, dopo essere state accuratamente ricoperte. Il calore della sabbia consente l’incubazione delle uova. La durata del periodo varia quindi in relazione all’andamento termico stagionale e alle caratteristiche della sabbia (colore, granulometria, umidità), oscillando, in genere, tra i 45 e i 70 giorni. La temperatura della sabbia determina altresì il sesso delle piccole tartarughe, nel corso del loro sviluppo embrionale: al di sopra di un valore soglia di circa 29 °C (che, in condizioni ideali si colloca a metà della camera delle uova), nasceranno femmine, al di sotto, maschi. I piccoli, rotto il guscio grazie ad una struttura particolare, il “dente da uovo” (che viene perso nel giro di due settimane) non emergono subito dal nido, ma alcuni giorni dopo (in genere 3-4), periodo necessario al riassorbimento del sacco vitellino e al “raddrizzamento” del carapace. L’emersione può essere sincrona o protrarsi per alcune notti, in relazione alla maggiore o minore sincronia nei tassi di sviluppo embrionali (determinati, a loro volta, dalle variazioni termiche della camera del nido). Ad emersione avvenuta (in genere nelle ore notturne per evitare i predatori e la disidratazione delle alte temperature diurne) i piccoli si dirigono rapidamente verso il mare, ossia verso l’orizzonte più luminoso. Questo comportamento spiega gli effetti di disorientamento che l’illuminazione artificiale determina sui piccoli, portandoli a dirigersi verso terra, causandone così la morte. Una volta giunti in mare, i piccoli nuotano ininterrottamente per oltre 24 ore, grazie alle riserve immagazzinate, allontanandosi dalla costa per raggiungere zone ricche di nutrienti in alto mare

Gli eventi di nidificazione avvenuti nel 2021 lungo le coste venete sono una conferma del fatto che l’aumento delle temperature determinato dai cambiamenti climatici sta rendendo i litorali del nord Adriatico sempre più adatti alla nidificazione delle tartarughe marine rispetto agli anni passati.
È lecito supporre che nei prossimi anni l’areale di nidificazione della specie Caretta caretta possa raggiungere anche le coste del Friuli Venezia Giulia.